IL VOLO DELLE BRAMEE

11 Aprile 2024

di

Renato Spicciarelli

Un mistero naturalistico si cela tra i frassini del Monte Vulture, gelosamente custodito nella Riserva Naturale gestita dall’Arma dei Carabinieri

La sera del 18 aprile 1963, il Conte altoatesino Fred Hartig aveva da poco aperto il classico telo bianco davanti alla luce della lampada, proprio ai margini del bosco di Monticchio nel Vulture. Quando una grande falena, sbucata all’improvviso dal buio, atterrò sull’erba poco sotto al lume. “Hartig non si scompose: vista la taglia, non poteva che essere una delle solite pavonie i cui bruchi frequentano i rovi di qualsiasi bosco”. L’entomologo raccolse l’insetto e, soltanto quando lo ebbe tra le mani, si chiese se stesse sognando o se qualcuno gli avesse giocato un tiro birbone: quel Lepidottero apparteneva a una specie sconosciuta, mai descritta, né in Italia né altrove! Ma il fatto più straordinario era che la forma e i disegni delle ali rivelavano una somiglianza con certe rare farfalle asiatiche.

Con stupore si trovò di fronte non solo a una specie sconosciuta, ma al primo esemplare di un genere nuovo per la fauna europea. Ancora oggi, alcuni tra i più anziani monticchiani ricordano come, per molti giorni dopo la scoperta, l’altoatesino si trovasse spesso a sorridere e gioire da solo, con gesti e pose che contribuirono non poco ad attribuirgli qualche segno di squilibrio

L’annuncio dell’incredibile ritrovamento fu dato da lui stesso qualche mese più tardi, in un articolo pubblicato sul Bollettino dell’Associazione Romana di Entomologia. L’altisonante clamore prodotto dalla presenza di una farfalla di questo genere, che il Conte denominò Brahmaea europaea, impensabile fino a quel momento nel Vecchio Continente, lungamente risuonò in riviste scientifiche e musei d’ogni angolo della Terra. Ma non poteva bastare, si trattava di una specie grande e probabilmente molto rara: occorreva tutelarla nei suoi ambienti, specialmente quelli nei quali la Bramea, dopo un’indagine condotta dallo stesso Hartig, si dimostrò particolarmente “presente in volo”.

UNA RISERVA DEDICATA

Il Conte perciò inviò un promemoria all’Azienda di Stato per le Foreste Demaniali. In esso argomentava la necessità di realizzare una Riserva per la farfalla. Una richiesta del tutto accolta. L’anno successivo, precisamente l’11 settembre 1971, il Ministro per l’Agricoltura e le Foreste istituì per Decreto, su circa 200 ettari di bosco limitrofo all’alveo del Fiume Ofanto, la Riserva Naturale Orientata Grotticelle, la prima Riserva al mondo dedicata all’esclusiva protezione di una farfalla. La specie nuova per la scienza fu subito riconosciuta come “di grande interesse dal punto di vista biogeografico, oltre che un’importante emergenza per la fauna italiana”, si parlò di “orgoglio dell’entomologia nazionale”.

Rappresentava di sicuro un mistero e per molti anni poco o nulla si seppe della sua biologia. Certo si trattava di un essere tanto antico da precedere lo stesso vulcano Vulture. Era una specie scampata all’estinzione e sembrò un miracolo trovarla ancora ai giorni nostri.

Per lei si utilizzarono i termini “fossile vivente” e “relitto miocenico”, epiteti che efficacemente riportano indietro nel tempo. Il riconoscimento del fatto che si trattasse di una specie risalente a molti milioni di anni addietro, venne supportato da alcuni dettagli morfologici. Le nervature radiali delle sue ali, per esempio. Si notò che erano raggruppate con una sequenza definibile arcaica, riconducibile a specie ormai estinte, e differente da ogni altro gruppo affine di farfalle. Perciò si ritenne non azzardata l’ipotesi che la nostra Bramea potesse essere addirittura il più antico brameino esistente, in altre parole il diretto discendente dell’antenato, sconosciuto e forse estinto, di tutte le altre specie di Bramee note e presenti in Asia e Africa.

Larve di Bramea su Frassino meridionale, principale pianta nutrice

CRITICITÀ

Se al giorno d’oggi molti aspetti della sua straordinaria etologia sono stati chiariti dalla ricerca, al di fuori di Grotticelle nessuna tangibile accortezza è stata finora adottata a salvaguardia dei suoi ambienti. Solo il tenace e lungimirante lavoro del Corpo forestale dello Stato, oggi Raggruppamento Carabinieri Biodiversità, ha preservato l’habitat della Riserva. In poco oltre cinquanta anni, l’area naturale a lei dedicata ha trovato le condizioni per riprendere la sua primigenia naturalità. Ciononostante, i suoi attuali limiti sono da considerarsi troppo ristretti: solo in poche decine di ettari è presente, più o meno densamente, il principale albero nutrice della farfalla, il Frassino meridionale (Fraxinus angustifolia subsp. oxycarpa (Willd.), mentre molti fattori ambientali, compreso l’attuale trend climatico, minacciano di interrompere irrimediabilmente la sua lunghissima storia.

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