Il mercato illegale del legname e di specie rare mette a rischio la biodiversità globale
Ogni volta che sentiamo la parola “bracconaggio” la nostra mente ci riporta immediatamente a immagini di animali predati per ottenere illegalmente zanne, scaglie o pinne, molto ricercate sul mercato nero.
Eppure, silenziosamente, nel mondo esiste anche un’altra forma di bracconaggio, meno conosciuta ma altrettanto impattante e pericolosa: quella delle piante, vive o morte che siano.
Oltre a tutto ciò che comporta la deforestazione in zone come l’Amazzonia, in Sudamerica o nelle foreste della Repubblica Democratica del Congo, spesso collegabile ad azioni illecite, uno dei traffici attuali illegali più imponenti è relativo al legname russo.
IL COMMERCIO IRREGOLARE DEL LEGNAME RUSSO

Come noto, le foreste ricoprono aree gigantesche della Russia e il legname è un pilastro dell’economia del Paese. Proprio per questo, dopo l’invasione dell’Ucraina del 2022, l’Unione Europea, nel tentativo di frenare la guerra, ha imposto dure sanzioni al Cremlino, vietando le importazioni in Europa di legno e prodotti da Russia e Bielorussia. Eppure un nuovo report diffuso dall’organizzazione World Forest ID, consorzio che comprende il World Resources Institute e il Kew Gardens e che si occupa di esaminare campioni di legno, racconta come quasi la metà del legno di betulla oggi certificato dai principali programmi di sostenibilità ambientale, provenga da un sistema fraudolento per tentare di continuare a commerciare il legname russo.
L’organizzazione voleva, infatti, capire da dove provenisse realmente, nonostante le certificazioni, il legname importato in Gran Bretagna.
Analizzando nel dettaglio gli ingenti quantitativi di betulla che erano stati etichettati come provenienti da Polonia, Estonia, Lettonia o Ucraina, ha effettuato dei test sull’impronta chimica del legno, ovvero un’analisi sulle condizioni di luce, suolo e acqua per stimare l’origine geografica: il 46% dei campioni è risultato non provenire dai luoghi indicati sull’etichetta, ma da “Russia e Bielorussia” sostengono i ricercatori.

Secondo gli esperti, in particolare da parte della Russia, con questo sistema vengono aggirate le sanzioni e i soldi europei continuano a finire nelle casse del Paese nonostante i divieti.
Questo tipo di commercio illecito riguarda la betulla, un legno richiestissimo perché è considerato duro e molto efficace soprattutto per mobili, pavimenti, compensato, pannelli da cucina, ma anche per strumenti musicali.
Ad oggi la betulla è coltivata e lavorata per fini commerciali anche nell’Europa settentrionale, come in Finlandia, ma gli esperti ricordano che la maggior parte del legname arriva ancora soprattutto dalla Russia.
Alcuni enti certificatori negli ultimi anni per tentare di porre freno a questo tipo di bracconaggio hanno deciso di sospendere le certificazioni relative al “legname di conflitto”, ma ciò sembra non essere bastato a impedire le esportazioni illegali.
Altrove, come in Tasmania, il bracconaggio riguarda invece persino la legna da ardere. Nell’ultimo anno ci sono state più operazioni, da parte delle Forze dell’Ordine, per bloccare il taglio illegale di legname negli altopiani centrali della Tasmania: in alcuni casi sono state intercettate addirittura 200 tonnellate frutto di abbattimenti indiscriminati e di raccolta del legname in un fenomeno che viene chiamato “wood-hooking”. Nel Paese, soprattutto nei mesi invernali in cui le famiglie hanno bisogno di fare affidamento sulla legna per il riscaldamento, questa azione sta portando a disboscamenti e perdita di biodiversità.
IL TRAFFICO CLANDESTINO DI PIANTE RARE E ORNAMENTALI
Quello delle betulle russe, talvolta anche di alberi secolari, o del legname della Tasmania, non sono però gli unici problemi a preoccupare sia per la perdita di biodiversità, sia per gli impatti a lungo termine che le esportazioni illegali di piante possono comportare. In passato, infatti, commerci come quello del mogano, per esempio, hanno portato le piante ad adattarsi e diventare più piccole, simili ad arbusti, pur di non essere più predate, trasformandosi in vegetali di dimensioni ridotte e meno utili al commercio.

Altri impatti, nel tempo, sono legati ai traffici illegali di tèk e ultimamente anche di piante sempreverdi come Aquilaria e Gyrinops, alberi da cui si ottiene l’agarwood, una resina aromatica, anche nota come oud. Un chilo di legno di queste piante può valere oggi anche 40mila euro ed è facile immaginare come, pur di trarre guadagno, i contrabbandieri si spingano a deforestare: nei boschi fuori Hong Kong, per esempio, c’è stata una raccolta senza sosta, tanto da portare questa specie a livelli di rischio per la sopravvivenza. L’agar è ricercato soprattutto per la resina, utilizzata per profumi e incensi ma, oltre a essere rara, è complessa da lavorare ed estremamente delicata. Eppure, nel tentativo di trasformare le piante in “oro” e trarre profitto, negli ultimi anni i tagli illegali degli alberi che consentono di ottenerla sono avvenuti senza sosta: le autorità e le Forze dell’Ordine di Hong Kong stimano come, nel corso del 2023, i tagli illeciti siano aumentati di quasi 12 volte rispetto all’anno precedente.

Per tentare di proteggere tali specie “vulnerabili”, secondo la famosa Lista Rossa dell’Unione per la Conservazione della Natura (IUCN), oggi alcuni studiosi stanno tentando di conservarne il patrimonio genetico per il futuro, proprio perché queste piante sono quotidianamente minacciate.
Tra le specie oggetto di contrabbando, c’è anche la salvia bianca (Salvia apiana), che cresce soprattutto tra California e Messico; talvolta considerata sacra per le cerimonie dei nativi, è usata per gli incensi e messa a rischio dal suo commercio illegale.
Lo stesso avviene per i semi di Eucalyptus salmonophloia dell’Australia, dai quali si ottiene un olio essenziale che ha un costo elevatissimo.

Il bracconaggio non si limita solo alle piante che possono fornirci sottoprodotti, come legno, resine e olio, ma anche a quelle che, per il nostro gusto, o per semplice arredamento, utilizziamo a scopo ornamentale nelle abitazioni. In questo caso, cactus e succulente sono protagonisti dei mercati illegali che, con diverse operazioni, le Forze dell’Ordine stanno tentando di arginare. Solo in Sudafrica, ad esempio, sono stati sequestrati oltre 1,5 milioni di esemplari di succulente raccolte illegalmente e oggi numerose operazioni europee hanno portato a requisire cactus come la Copiapoa cinerea, proveniente dal deserto di Atacama. Tra l’altro, proprio grazie a un’operazione dei Carabinieri forestali, sono stati fermati e multati due italiani che commerciavano cactus cileni, danneggiando gli ecosistemi e violando le leggi: con il sequestro di oltre 170 cactus estirpati dai deserti cileni, messicani e americani, del valore di oltre 1 milione di euro, l’Arma è riuscita, infatti, a bloccare l’espansione di una grande rete del commercio illegale di piante rare, molte delle quali persino considerate a rischio estinzione.
G.T.