Dalle scuderie dei Carabinieri alle fungaie high-tech, l’eccellenza italiana nella coltivazione dei funghi, binomio di gusto e sostenibilità
Parafrasando una frase del cantautore Fabrizio De André, tratta dalla canzone “Via del Campo”, possiamo affermare che: se dai diamanti non nasce niente, dal letame, oltre ai fiori, nascono i funghi. Ciò accade, ad esempio, con lo stabbio proveniente dalle scuderie del 4° Reggimento Carabinieri a Cavallo e dei Corazzieri. Questa “magica” trasformazione inizia in un grande stabilimento nelle campagne di Velletri, alle porte della Capitale. Qui confluiscono non solo i residui degli equini dell’Arma (circa 17mila metri cubi l’anno), ma anche gli scarti di alcuni Reparti a cavallo dell’Esercito e di molti privati.

Il materiale organico viene inizialmente sottoposto ad analisi preventive per escludere la presenza di elementi patogeni; poi subisce un processo di compostaggio che include la fermentazione e successivamente la pastorizzazione. Nella fase iniziale, quindi, le materie prime come il letame di cavallo, la paglia e altri ammendanti, vengono miscelate e ammassate in cumuli, così da sviluppare processi di fermentazione aerobica, determinata dalla presenza di ossigeno e dall’attività di microrganismi. La temperatura all’interno del cumulo può raggiunge anche i 65-80°C, lo scopo è la formazione di un substrato stabile e omogeneo. L’attività può durare da alcuni giorni a diverse settimane. Si procede poi alla pastorizzazione e all’inoculazione, ovvero alla semina del micelio del fungo prescelto, attraverso il rilascio di chicchi di segale ricoperti di spore. Il substrato semicompostato viene quindi trasferito in un altro stabilimento e inserito in apposite celle, dove viene aggiunta una copertura di terra fresca, proveniente da una particolare zona della provincia di Bolzano, una sorta di torba capace di trattenere per un lungo periodo l’acqua.

Le fungaie presenti nello stabilimento utilizzano una tecnologia computerizzata in grado di controllare automaticamente l’umidità, la temperatura, l’anidride carbonica, la quantità di acqua e la sterilizzazione sistematica degli ambienti di coltura. Il ciclo per arrivare alla nascita dei funghi è di circa cinque settimane. Il prodotto viene raccolto a mano appena giunto a maturazione e conferito allo stabilimento adibito al confezionamento, dove viene selezionato, lavato, tagliato a seconda delle richieste dei committenti, imballato e pronto per essere spedito alla grande distribuzione.
Parliamo di un esempio di recupero e riciclo virtuoso di uno scarto che, altrimenti, avrebbe elevati costi di smaltimento e che ha come punto di arrivo una nuova fase vitale: i funghi coltivati che arrivano sulle nostre tavole, arricchendo tante gustose pietanze.
NEL MONDO

Il maggiore produttore di funghi a livello mondiale è la Cina, che domina la produzione globale, specialmente per varietà come lo shiitake e altre specie orientali, ma anche per lo champignon. In Europa, il più grande produttore è la Polonia che ha superato anche i Paesi Bassi. Gli inglesi, invece, sono i maggiori consumatori europei di funghi: circa 4,2 chili pro capite l’anno. In Italia vengono prodotte 60mila tonnellate di funghi l’anno, con un consumo medio pro capite di un chilo.
La fungicoltura è una pratica agricola relativamente recente, nata poco più di un secolo fa e dà la possibilità ai consumatori di scegliere tra diverse varietà, sulla base delle loro preferenze. I funghi che si possono produrre con questo metodo sono: il prataiolo bianco o champignon (il più consumato), il portobello, il pleurotus o gelone, il cardoncello, il prataiolo crema, il pioppino o piopparello e la cornucopia.
Anche se meno profumati i funghi coltivati non sono meno “nobili” dei cugini selvatici. I funghi selvatici pregiati, come porcini e tartufi, sono micorrizici, ovvero, vivono in simbiosi obbligata con le radici degli alberi: il fungo scambia nutrienti con la pianta, che gli fornisce zuccheri. Replicare in ambiente controllato questo complesso ecosistema, che include pianta, terreno, clima e microflora, è estremamente difficile, per questo è impossibile la loro coltivazione su larga scala.

IL FUNGO DEL RE SOLE
La storia dello Champignon de Parisinizia nel XVII secolo, quando sotto il regno di Luigi XIV, il Re Sole, si tentò la prima coltivazione in Francia. Il vero boomarrivò, però, nei secoli successivi, quando le vaste cave e gallerie sotterranee di Parigi si rivelarono l’ambiente perfetto per la loro crescita, conferendo al fungo il suo celebre nome. Questa fiorente attività sotterranea subì un drastico cambiamento all’inizio del XX secolo. La costruzione della metropolitana di Parigi invase molte di queste “champignonnières”, costringendo i coltivatori a spostare la produzione in altre Regioni francesi. La fungicoltura in Italia arrivò con l’adozione delle tecniche sviluppate in Francia, in particolare per lo champignon. Le metodologie di coltivazione su compost di letame, spesso in ambienti sotterranei come grotte, gallerie o cantine, furono importate e adattate alle realtà italiane. Diverse aree con cave di tufo, gesso o altre rocce furono riconvertite in fungaie. La Lombardia, il Veneto e l’Emilia-Romagna furono tra le prime a sviluppare una significativa attività fungicola.
ITALIANO E CERTIFICATO

Per promuovere i funghi coltivati è nato in Italia il “Consorzio Fungo Italiano Certificato”, fondato da alcune delle principali Organizzazioni di Produttori del settore. “Lo scopo è quello di tutelare e valorizzare il fungo coltivato italiano; siamo convinti che il prodotto abbia delle enormi potenzialità – dice l’Ing. Mario Mattozzi, General Manager di Fungest – ce lo hanno dimostrato diverse ricerche universitarie, per questo anche la Fondazione Veronesi ha collaborato con il Fungo Italiano Certificato, per promuovere una sana alimentazione, in particolare attraverso il progetto “Più Sano, più Buono”, che mira a sensibilizzare sull’importanza del consumo di funghi coltivati e di qualità, promuovendo al contempo la ricerca scientifica”.
I funghi coltivati sono un alimento prezioso per le loro proprietà nutritive e presentano caratteristiche organolettiche che li rendono molto versatili in cucina. Adatti a un consumo veloce, si possono mangiare crudi come semplice ingrediente o in insalata; cotti sono i protagonisti di molte ricette che arricchiscono tutti i piatti.
Sono alimenti a basso contenuto calorico e poveri di grassi, ideali per diete ipocaloriche e per chi cerca un’alimentazione sana ed equilibrata. Una risposta agli attuali trend di consumo, sempre più orientati a una nutrizione sana e naturale. Contengono, infatti, una discreta quantità di proteine vegetali, sono ricchi di fibre, sali minerali, vitamine e sostanze antiossidanti.
